Pubblicato il
10 gen 2022
Secondo il bilancio preconsuntivo del 2021 elaborato dal Centro Studi di Confindustria Moda per SMI, il menswear (che rappresenta il 17,5% della filiera tessile/moda italiana) dovrebbe chiudere l’anno con un fatturato di 9,1 miliardi di euro, in salita dell’11,9% rispetto al 2020 (che aveva registrato una perdita del 19,5%), ma ancora inferiore del -9,9% sul 2019.

Il valore della produzione è stimato in rialzo del 7%, mentre l’export, crollato del -16,7% lo scorso anno, dovrebbe conoscere una progressione dell’11,2%, per un totale di 6,5 miliardi di euro circa, pari al 71,3% del giro d’affari totale del comparto.
Analizzando i primi 9 mesi del 2021, le esportazioni sono risultate ancora in ribasso del -13,6% nel primo trimestre, mentre il Q2 ha visto un balzo dell’82,6%; in totale, nei primi 9 mesi la crescita dell’export è stata pari al 12,1%, per un totale di 5,2 miliardi di euro. Confrontando tali performance con quelle di due anni fa, però, il comparto rimane ancora al di sotto del -7,3%.
Nel periodo, gli scambi verso i Paesi UE sono cresciuti del 20,1%, mentre le destinazioni extra UE (54,2% del totale delle esportazioni) sono salite di un più contenuto 6,1%. In dettaglio, la Svizzera (principale hub logistico-commerciale del lusso) ha conosciuto una progressione del 14%, la Germania del 19,8% e la Francia del 20,3%; tutti e tre i Paesi hanno superato i livelli pre Covid. Gli Sati Uniti, quarto mercato per il menswear italiano, hanno guadagnato il 4,8%; la Cina è salita al quarto posto con un +68,8% e la Corea del Sud è cresciuta del 27,6%. In flessione, invece, Regno Unito (-31,7%), Giappone (-8,2%) e Hong Kong (-3,1%).
Per quanto riguarda le diverse tipologie di prodotto, tutte sono in ripresa tranne le cravatte (-22,4%). Best performer è stata la maglieria, che ha messo a segno una progressione del 23,5% sul 2020 ed è salita del 6,2% anche rispetto al 2019, seguita dall’abbigliamento in pelle (+22,1%). Vestiario esterno e camiceria maschile sono cresciute rispettivamente del 4,8% e del 3,5% rispetto all’anno scorso.
Analizzando l’andamento dei diversi canali distributivi per la stagione autunno/inverno 2020-21 in Italia, l’unico a conoscere una dinamica positiva è stato l’e-commerce, cresciuto dell’8,6%, mentre catene e GDO hanno perso circa il -30% e il dettaglio il -40,5%.
Sul fronte moda junior, che nel 2020 ha subito una flessione del -14,7%, l’anno dovrebbe chiudersi in recupero del 14%, con una perdita rispetto al 2019 del -2,8%. Si stima che il valore della produzione crescerà del 9,7% e l’export dovrebbe attestarsi al +13,7%, per un totale di 1,25 miliardi di euro.
Come di consueto, per quanto riguarda l’export i dati si riferiscono al solo abbigliamento per neonati, che secondo i dati Istat nei primi 9 mesi del 2021 è cresciuto del 23,1%, a 113,6 milioni di euro. Come nel biennio precedente, la Spagna si conferma il primo sbocco per la moda bébé, pur restando interessata da una contrazione del -5,2%; la Svizzera, passata al secondo posto, è cresciuta del +7%, mentre la Francia, ha cosciuto un balzo del +88,9%. Ottime le performance anche negli Emirati Arabi (+159,5%), in Corea del Sud (+102,3%), negli Stati Uniti (+94,3%) e in Germania (+27,3%), mentre il Regno Unito ha conosciuto una flessione del -24%.
Considerando la stagione autunno/inverno 2020-21, il panorama distributivo italiano vede al primo posto le catene (44,7% del mercato junior), seppur in calo del -14,1%; la GDO (28,1% del mercato) ha ceduto il -15,7 e i Grandi Magazzini il -15,4%. Il dettaglio indipendente è riuscito a contenere la perdita al -5,3%, mentre l’e-commerce ha registrato un incremento del +28,7%.
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