Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
31 gen 2022
In occasione della pubblicazione dei risultati annui record ottenuti da LVMH nel 2021, Bernard Arnault ha faticato a nascondere la propria soddisfazione, mostrandosi particolarmente loquace. In particolare, venerdì 27 gennaio, il PDG del colosso francese del lusso ha esposto il suo punto di vista su una serie di questioni cruciali che riguardano il suo impero, ma anche il mercato del lusso in genere, in questo momento di ripresa post-pandemia. Ecco il suo vademecum per il 2022.

Situazione economica
Se la situazione economica continua sulla falsariga di questo mese di gennaio, il 2022 dovrebbe svolgersi sotto i migliori auspici, secondo il boss di LVMH, che sottolinea comunque di mantenersi sempre vigile a causa dell’inflazione. “Su questo punto le opinioni divergono. Alcuni hanno una visione pessimistica, altri considerano il fenomeno temporaneo”, ha sottolineato. Dal canto suo, Arnault ritiene che gli aumenti dei prezzi delle materie prime e dell’energia siano piuttosto ciclici.
“L’uscita dalla pandemia sta creando un ingorgo globale. Ma quando tutto sarà riassorbito, il mercato tornerà alla normalità. Il gruppo è abituato alle crisi economiche, ma non prevedo una crisi di questo genere quest’anno. Abbiamo un vantaggio rispetto agli altri, ed è quello di avere una certa flessibilità sui nostri prezzi. Di fronte all’inflazione, abbiamo i mezzi per reagire. Inoltre, penso che la domanda per i nostri prodotti continuerà ad essere solida”.
Le acquisizioni
Con un free cash flow operativo del 2021 più che doppio rispetto a quello del 2020 e del 2019, pari a 13,5 miliardi di euro, il gruppo, che ha rilevato Tiffany & Co. a fine 2020 per 13,4 miliardi di euro, mostra più che mai spalle robuste e potrebbe intraprendere facilmente una nuova operazione simile, in un mercato del lusso particolarmente interessante in questo periodo post-pandemia. La galassia dalle 75 maison ha aggiunto una nuova etichetta alla sua scuderia in ottobre, il marchio di cosmetici francese L’Officine Universelle Buly, come ha ricordato Bernard Arnault.
L’imprenditore francese si è però dimostrato riservato sulla possibilità di svolgere nuove operazioni quest’anno: “Non dobbiamo avere fretta. E non ce l’abbiamo. Abbiamo tempo. Ci dicono che stiamo facendo tante acquisizioni, ma ne abbiamo fatti solo poche. Ne abbiamo appena perfezionata una di grande spessore con Tiffany, che abbiamo già quasi ripagato. Fantastico! Se ne troviamo un’altra, perché no? In realtà, per fare buone acquisizioni, non occorre obbligatoriamente cercarle, ma bisogna essere opportunisti”.
Le cessioni
“Ovviamente esaminiamo le nostre aziende. Cerchiamo di analizzarle, capirle, svilupparle. Di tanto in tanto, alcune ci sembrano troppo piccole o non proprio adatte a noi”. Di conseguenza, lasciano il perimetro societario. “Ma è del tutto marginale. È successo solo due o tre volte”, smorza i toni il PDG, chiedendo ancora una volta pazienza: “Non ci si riesce al primo colpo. Occorre essere pazienti, non arrabbiarsi, dare tempo al tempo per trovare la convenienza giusta. Se dopo tanto tempo non siamo più convinti, allora in quel momento traiamo le nostre conclusioni”.
Virgil Abloh
La morte dello stilista afroamericano, appena 41enne, avvenuta il 28 novembre per cancro, solleva la questione della sua successione alla guida delle collezioni uomo di Louis Vuitton, brand di punta del gruppo, di cui Abloh dirigeva lo stile da marzo 2018. Interrogato sull’argomento, Bernard Arnault ha risposto in questi termini durante la conferenza: “Siamo estremamente tristi. Nessuno si aspettava che scomparisse così in fretta. È una tragedia. È stato un creatore di moda straordinariamente potente. Era più di uno stilista, era un uomo di cultura. Siamo ancora in un periodo di lutto e vi dirò di più dopo che questo periodo di cordoglio sarà finito”.
Duty-free e mercato parallelo
A proposito delle vendite nella rete duty-free, Bernard Arnault ha sorpreso per la sua schiettezza: “È vero che nella nostra divisione profumi e cosmetici, come dato di fatturato, siamo molto meno forti che con altri marchi. Ma è qualcosa di voluto. Perché? Noterete che un buon numero di marchi afferma di aver realizzato parte delle proprie entrate nei loro negozi duty-free. È sorprendente, perché quei negozi erano privi di clienti. Quindi cosa succede? I prodotti vengono acquistati, ma non vengono mai esposti nei negozi. Vengono spediti dai depositi di questi punti vendita a vari rivenditori in Cina che li vendono a prezzi scontati, con un impatto terribile sull’immagine del prodotto. È un fatto pessimo nel lungo periodo. Ci siamo rifiutati di prestarci a questa pratica, proprio come Chanel. Almeno siamo in due a non farlo. Vogliamo preservare l’immagine a lungo termine dei nostri marchi”.
Il metaverso
“Il metaverso è un mondo puramente virtuale. Noi ci troviamo nel mondo reale e vendiamo prodotti reali. Certamente è interessante e abbastanza divertente. Dobbiamo vedere quali saranno le applicazioni di questo mondo. Può senza dubbio avere un impatto positivo – se viene fatto bene – sull’attività del marchio, ma vendere sneakers virtuali a 10 euro non è il nostro obiettivo. Potrebbe essere interessante, però, lavorare nel metaverso, che è solo agli inizi. Quali saranno le applicazioni? Quali saranno gli universi che avranno successo? Staremo a vedere. Detto questo, diffidiamo degli effetti delle bolle”, avverte il CEO.
I prezzi
“In relazione ai prezzi, stiamo cercando di adeguarli. Il prezzo dei nostri prodotti ci consente di ottenere margini abbastanza convenienti. Ma dobbiamo anche avere una certa responsabilità nei confronti dei nostri clienti. Non vogliamo dare l’impressione di poter applicare cifre che non corrispondono alla realtà economica del prezzo dei prodotti. Bisogna essere ragionevoli”.
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