Dalle opere d’arte digitali agli accessori con cui vestire i propri avatar, passando per gli immobili (chiaramente virtuali). Sebbene nessuno sappia come si evolverà davvero il metaverso (o forse i metaversi: di fatto queste realtà si sviluppano su molteplici piattaforme come Roblox, The Sandbox, Meta, Decentraland), i marchi della moda e del lusso stanno sviluppando prodotti e servizi per “colonizzarlo”. I primi esperimenti sono già stati avviati: Gucci, dopo la creazione dello spazio virtuale Vault e diverse esperienze su Roblox (tra cui una versione digitale della borsa Dionysus venduta per circa 4.100 dollari) ha acquistato uno spazio su The Sandbox; Philipp Plein ha investito l’equivalente di 1,4 milioni di dollari in immobili su Decentraland, mentre Nike – che ha creato il suo mondo virtuale Nikeland su Roblox – ha acquisito il brand RTFKT che realizza Nft e prodotti in realtà aumentata. Insieme ai nuovi progetti sono arrivati i primi contenziosi che, tra reale e virtuale, fanno emergere alcuni problemi legali del tutto inediti. Sui quali si stanno focalizzando anche gli avvocati italiani.
I primi contenziosi
Per ora concentrati negli Usa, i primi ricorsi si sono sviluppati intorno agli Nft (non fungible token), opere digitali uniche, immodificabili e la cui proprietà è certificata attraverso la blockchain. E che possono essere venduti per cifre significative.
La battaglia legale per ora più nota è quella tra Hermès e l’artista Mason Rotschild, citato in giudizio per violazione del copyright per aver creato le Metabirkin Nft, 100 modelli in serie limitata che si ispirano alla celeberrima borsa (il cui prezzo parte da circa 7mila euro) del marchio francese, che tuttavia era all’oscuro del progetto. L’artista ha fatto appello al Primo Emendamento (trattandosi, per lui, di un’opera d’arte alla stregua della «Campbell’s soup cans» di Andy Warhol) e ora la parola spetta a un giudice newyorkese.
Sono sempre gli Nft il casus belli tra Nike e StockX, piattaforma di reselling valutata 3,8 miliardi di dollari, che secondo i legali del colosso di Portland, avrebbe venduto oltre 500 Nft di scarpe Nike senza autorizzazione, danneggiando il marchio.
La registrazione del brand
«Il metaverso è completamente da costruire – commenta Maria Luigia Franceschelli, senior associate presso Hogan Lovells con specializzazioni in Ip e Fashion Law – perché, di fatto, non si sa quale potrà essere l’utilizzo futuro di un Nft creato oggi. Può darsi che quella che oggi è un’opera d’arte virtuale un domani possa essere utilizzata dagli avatar, trasformandosi in un oggetto commerciabile». Secondo Franceschelli «le aziende di moda stanno cominciando a depositare il brand in alcune categorie particolari, come quella dei software, a scopi difensivi». E il proliferare di progetti virtuali potrebbe essere legato al fatto che «viene valutata in modo molto severo la prova dell’uso del marchio in una determinata classe. La sola registrazione non basta».