Futurismo, pauperismo, primitivismo sono temi caldi del dibattito modaiolo attualmente in corso, riflesso di tempi che paiono dominati da istinti primordiali e da un disperato bisogno di ritorno all’umano. Anche il futuro, infatti, non istiga al momento fantasie robotiche, ma al contrario sensuali, anche carnali, sempre tattili.
La seconda giornata di sfilate parigine si apre da Courrèges nel buio pesto di un ring quadrato riempito da un tappeto di lattine argentee, schiacciate. Sembrano i resti di un rave selvaggio, congelati in un fermo immagine che li priva di ogni sporcizia: la cornice ideale per una collezione tagliente e bollente che segna un deciso passo in avanti per Nicolas Di Felice, il giovane direttore creativo giunto alla terza prova per la maison che più di altre incarna nell’immaginario fashion una idea ottimista di futuro. Ma dove André Courrèges immaginava donne un po’ bambine, un po’ yè-yè, Di Felice ha una fantasia decisamente post-puberale, acutamente sessuale. Vestite di cappotti che sono geometrie pure e abitini che svelano parti di nudo, le femmine di Courreges emanano consapevolezza, forza. Si vestono mescolando pochi pezzi, con un gusto grafico e quello, sì, futuristico, producendo una visione accelerata del sexy.
Nessuna accelerazione, anzi calma assoluta da The Row. Il marchio fondato dalle gemelle Ashley e Mary-Kate Olsen, ultima espressione in ordine di tempo di quel lussuoso minimalismo newyorkese che negli anni d’oro ha avuto in Zoran un paladino ineguagliabile, debutta a Parigi con uno show intimo nei saloni nudi ma opulenti di una magione privata dietro Place Vendome. Giocata sulla estremizzazione di volumi e lunghezze – troppo largo o troppo stretto, troppo corto ma sempre con i colletti enormi e le maniche che toccano terra – la collezione è un esercizio affascinante di ben vestire vagamente punitivo da suora della moda. Non fosse per i materiali pregiati e le stratificazioni studiate, queste donne le si noterebbe per il deciso pauperismo, perché il lusso, in America, è sempre toccato dal moralismo calvinista, dal rimorso. Però, grande eleganza.
Ancora una magione, ma dilapidata e cadente, per Dries Van Noten, che presenta la collezione, una tra le sue più sensuali e sbrilluccicanti, di ispirazione italiana nei riferimenti a Mina e Carlo Mollino, su manichini truccati, con quel di inquietante che ne consegue. Tra cristalli, animalier, spalle insellate e stivali che paiono di porcellana, è un trionfo di voluttà, con il tocco delicato e unico di Van Noten.
Il romanticismo nebbioso di Charles de Vilmorin per Rochas sbanda a destra e a manca senza troppa coerenza se non un fiorire ovunque di gale e volants. L’identità della storica maison, nel mentre, si offusca, ed è un peccato. Da Acne Studios i look sono abrasi, sbrindellati, messi insieme a forza di rammendi, ma il risultato, invece che post-atomico, è di una sensualità primitiva e vitale.