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Fabrizio Grassi (Aldo Bruè): “Le istituzioni devono intervenire per preservare il Made in Italy”


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15 mar 2022

È un appello accorato quello raccolto a Micam da FashionNetwork.com, da parte di Fabrizio Grassi, titolare da una decina d’anni, insieme a Maurizio Ciambella, del brand marchigiano di calzature d’alta gamma Aldo Bruè. L’imprenditore si rivolge alle istituzioni, invocando una serie di interventi da attuare subito per tutelare l’artigianalità delle maestranze italiane. Pena la perdita del Made in Italy.

Fabrizio Grassi e Maurizio Ciambella

 
“Negli anni ci sono sempre stati mercati in crescita e mercati in contrazione, che si bilanciavano tra loro. Oggi viviamo una situazione diversa, in cui la pandemia prima, con annesse conseguenze sui consumi, e la guerra dopo, fanno sì che questa compensazione tra le diverse aree non ci sia più”, afferma Grassi. “Per quanto riguarda la nostra zona, il fermano, circa il 40% dell’export era verso la Russia e i Paesi dell’Est; noi per primi stavamo cercando di conquistare quote di mercato con le collezioni donna in Russia, Ucraina e Bielorussia. Al di là dell’esito del conflitto, che speriamo si concluda al più presto, si tratta di mercati che per molte stagioni non saranno più quelli di prima. Ma non solo: i turisti russi, insieme a quelli cinesi, rappresentavano un’importante fetta di consumatori del lusso Made in Italy, che attualmente non c’è più”.
 
Secondo Grassi, dunque, le istituzioni sia a livello nazionale che locale dovrebbero intervenire al più presto, per evitare che tali conseguenze portino al peggio. “Per uscire da una situazione del genere occorre una sensibilità che finora chi ci governa non ha mai dimostrato. Urgono interventi immediati e concreti: ad esempio, si potrebbe estendere il bonus del 110% anche ai lavori di rinnovamento dei capannoni industriali, in modo che le aziende possano iniziare a produrre internamente energia, contrastando l’innalzamento dei prezzi; bisogna ridurre quanto prima il costo del lavoro, che sta diventando insostenibile; e serve aiutare le imprese (che spesso si ritrovano con grandi quantitativi di merce già prodotta ma rimasta invenduta) a pagare i propri fornitori, per tutelare la filiera nel suo complesso. A questo dovrebbero servire le banche! Loro dovrebbero fare sistema, e non solo pensare a estrarre valore senza rischiare nulla”.

Una filiera composta da risorse specializzate che, sottolinea Grassi, sono il vero valore del Made in Italy, ma che se non riusciranno più a vivere del loro lavoro dovranno per forza adattarsi a fare qualcos’altro, facendo così scomparire quell’artigianalità che da sempre contraddistingue l’Italia nel mondo.
 
“Servono interventi strutturali per tutelare i distretti e quella microeconomia che è fondamentale per l’Italia, in tutti i settori”, conclude l’imprenditore marchigiano, che non rinuncia però a combattere. “Oggi è molto difficile individuare le strategia migliore. Continueremo a investire sul prodotto, come abbiamo fatto negli ultimi 10 anni, per aggiornare le nostre collezioni, da sempre molto classiche, a un gusto internazionale che attraverso il digitale si è via via sempre più uniformato. Abbiamo aggiunto uno stile urban alle nostre proposte, ampliando l’offerta casual e street per adattarci alle nuove esigenze di consumo imposte dalla pandemia. Avevamo diversi store monomarca, ad esempio a Milano, a Hong Kong, in Corea e in Indonesia, che abbiamo dovuto chiudere in attesa di tempi migliori. Distribuiamo ancora i nostri prodotti in 35 Paesi del mondo, all’interno di qualche centinaio di store multimarca, ma gli acquisti sono molto diminuiti”.

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Articolo preso da Fashio Network Italia

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