Moda

Peserico: «A rischio tutte le Pmi della filiera»


I punti chiave

  • L’azienda di abbigliamento ha chiuso il 2021 con ricavi in salita del 6% ma la guerra rappresenta un danno economico enorme
  • Secondo l’ad Peruffo le materie prime sono aumentate del 60-80% e i costi dell’energia sono triplicati e forse continueranno a crescere
  • Allerta sul rischio chiusura delle pmi italiane del tessile moda

Un percorso di espansione verso Est interrotto, vista la situazione in Ucraina, Russia e Bielorussia, quello dell’azienda veneta di abbigliamento Peserico, che prima del Covid aveva sfiorato gli 80 milioni di fatturato, con un export del 70% circa.

Ma non si tratta solo di perdita economica: «Per noi e per tutte le persone con le quali lavoriamo da anni in Ucraina e che abbiamo imparato a conoscere e apprezzare, è una speranza tradita – spiega Riccardo Peruffo, amministratore delegato e direttore creativo dell’azienda di famiglia –. È un danno economico enorme per noi, ma anche un sogno spezzato per i nostri partner in Ucraina, dove il made in Italy e lo stile italiano, negli ultimi cinque-sei anni, era diventato un punto fermo sul quale costruire un futuro diverso, più europeo». Peruffo si fa portavoce non solo della sua azienda – che nel 2021 aveva chiuso in crescita del 6%, recuperando almeno in parte il terreno perduto nell’annus horribilis del Covid – bensì di tutte le piccole e medie imprese che, in Veneto e in tante altre regioni italiane, costituiscono la spina dorsale del sistema moda italiano.

«La situazione è difficile da prima dell’invasione dell’Ucraina, perché i rincari erano iniziati già nel secondo semestre del 2021 – sottolinea Peruffo –. Ora però la situazione è insostenibile: le materie prime sono aumentate del 60-80% e i costi dell’energia sono triplicati e forse continueranno a crescere. Venendo alla guerra, in Ucraina non possiamo consegnare la merce pronta, né evadere gli ordini raccolti nei mesi scorsi e per i quali noi e molte altre aziende abbiamo avviato la produzione e comunque già ordinato e pagato tutte le materie prime».

L’export è da decenni il traino del tessile-moda-accessorio (Tma), nonostante uno degli effetti collaterali più nefasti della globalizzazione, la competizione sleale e, per certi settori, il dumping. Le aziende italiane, anche grazie alla qualità e forza della filiera, hanno resistito spostandosi sempre di più verso il medio e alto di gamma, ma Peruffo ora si chiede: «Come potremo difendere le nostre quote di mercato, quando non riusciremo a mantenere prezzi allineati a quelli dei produttori non colpiti dai ritorni delle sanzioni?». La situazione in Russia infatti è altrettanto drammatica: il rublo ha perso a oggi il 45% del suo valore e i clienti locali, partner delle molte aziende italiane del Tma, non possono più pagare le merci prodotte, né confermare gli ordini previsti in consegna tra luglio e agosto.

Proprio oggi Peserico avrebbe aperto un negozio a Kiev, che si sarebbe aggiunto a quelli di Odessa, Mariupol, Leopoli e Karkiv. Peruffo non ha soluzioni, come potrebbe, se non le hanno i capi di Stato di tutto il mondo o l’Onu? «Vorrei però far capire che è tutto interconnesso e che la guerra non crea problemi solo sui mercati di sbocco, come Russia e Ucraina – spiega l’imprenditore –. Non possiamo ignorare che in assenza del turismo dall’Asia e dalla Cina in primis, negli ultimi due anni i russi erano clienti importantissimi per il made in Italy di qualità nelle nostre città e in tantissime altre capitali o luoghi di vacanza europei».

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