Pubblicato il
17 mar 2022
Si è chiuso, al centro fieristico di Rho, TheOneMilano – il salone dell’haut-à-porter organizzatosi anche stavolta sotto l’ombrello dello slogan ‘Better Together’ insieme a Mipel, Micam e HoMi Fashion & Jewels – con dati di presenza “al di sopra delle nostre aspettative”, dice a FashionNetwork.com Elena Salvaneschi, la CEO della manifestazione professionale. “Non tanto o non solo per il buon dato numerico, quanto perché abbiamo avuto aziende che hanno lavorato più di quanto potessero prevedere. Sono andati bene sia il prodotto molto alto (cincillà o zibellino), quanto gli articoli meno pregiati. Addirittura alcuni pellicciai hanno venduto ben 75 cincillà in uno stesso giorno – un’enormità”.

Certo, non tutto è andato per il verso giusto. Ci sono state anche delle aziende che hanno lavorato meno. “Sono state le monolitiche, quelle che nel tempo si erano adagiate sugli allori del mercato della Russia coi suoi clienti di grandi dimensioni, che ha sempre comprato tantissimo e soddisfaceva quasi interamente da solo (in alcuni casi qui in fiera, anche l’80% di tutto il fatturato) i bisogni di una piccola o media azienda. E non sono solamente aziende italiane, basti pensare agli espositori greci, che ‘vivono’ del mercato russo, innanzitutto per vicinanza geografica”, spiega la dirigente. “Chi invece si è saputo differenziare, dedicandosi ad allargare il portafoglio a clienti più piccoli, sparsi in più nazioni e continenti, magari finalizzando ordini anche molto frammentati per qualità o colori, non hanno avuto contraccolpi dal conflitto in Ucraina. Chiaro che è un modo di lavorare più faticoso, ma è enormemente meno pericoloso”.
Qualche difficoltà, Elena Salvaneschi l’ha riscontrata anche tra coloro i quali, per paura degli investimenti – sempre ingenti nel mondo della pellicceria –hanno offerto collezioni nei minimi termini, senza aver aggiornato lo stile delle proprie proposte moda, in alcuni casi rimaste quelle di quattro anni fa. “Per riassumere, sono stati penalizzati color che si sono focalizzati su un solo mercato o non hanno investito in ricerca e innovazione moda”, precisa. “Comprensibile, perché le aziende non hanno molti soldi, hanno paura del post-Covid o dell’instabilità geopolitica, o magari hanno dei cassintegrati in organico”.
Tra le strategie che questo comparto potrebbe adottare per evitare simili problemi in futuro, Salvaneschi propone sicuramente la digitalizzazione, “con la nostra fiera digitale con i suoi private showrooms, per esempio, che sta andando molto bene. Però il digitale in questo settore non funziona in e-commerce, mezzo che serve al massimo per esplorazione di mercato. Le pellicce hanno con il pubblico finale un drammatico problema: il diritto di reso. Chi ha provato a fare e-shop per le pellicce ha avuto diritti di reso superiori alla logica: acquisto la pelliccia solo per usarla una volta, magari a un matrimonio, e poi la rendo. Un meccanismo legittimo per il consumatore, ma inaffrontabile per i produttori. Al massimo l’e-commerce funziona per gli accessori di pelliccia, come sciarpe, borsette o colli, oppure per i capi vintage”.
Il settore non è certo stato molto fortunato ultimamente. Ci si è messo di mezzo anche il Covid, perché tutti i mustelidi – donnole, faine, ma soprattutto visoni – possono prendere, e dunque veicolare all’uomo, questa malattia. Che in alcuni casi è successo veramente, il che ha portato ad abbattimenti di milioni di questi animali e alla chiusura di tanti allevamenti, mentre la produzione di pellicce viene gradualmente rifiutata per motivi etico-animalisti dai Paesi europei.

In Italia, lo scorso dicembre il governo ha approvato un emendamento alla legge di bilancio per chiudere i restanti allevamenti di visoni del Paese entro giugno 2022 e il divieto permanente dell’allevamento di visoni (ma anche volpi, procioni o cincillà) in futuro in tutta Italia. “Ma è scandaloso che i nostri allevatori da due anni alimentano gli animali, ma non li possano usare, perché bloccati da un’ordinanza del Ministero della Sanità. Invece la norma che vieta l’allevamento di visoni dopo giugno prossimo non è ancora entrata in vigore, in quanto i nostri politici avevano 30 giorni per emettere il decreto attuativo, ma non l’hanno ancora fatto”, tuona Elena Salvaneschi. “Soprattutto non hanno dato nessun aiuto economico a chi, a sue spese, sta da due anni nutrendo questi visoni, e si era visto promettere un’indennità, che nelle altre nazioni è stata riconosciuta subito. Cosa succederà a queste bestiole dopo il 30 giugno?”.
TheOneMilano tornerà ovviamente a settembre. “Come sempre, per noi sarà una fiera fragile, perché mancherà tutta la parte della pellicceria. Le abbiamo provate tutte, ma i pellicciai non intendono farla, né prendere in considerazione quelle soluzioni, come creare delle capsule collection stagionali, che abbiamo proposto negli anni”, spiega la CEO di TheOneMilano, rincuorata però dalla certificazione Furmark, finalmente giunta sul mercato con i suoi allevamenti tutti certificati, la sua etichetta parlante e la tracciabilità integrale del prodotto. “Siamo sicuri che avrà molto successo e che rappresenterà un grosso aiuto per quei produttori che hanno bisogno di un elemento di razionalità che difenda l’acquisto delle loro creazioni rispetto alle esistenti e legittime tematiche animaliste. Sapere che utilizzi una risorsa animale, ma lo fai all’interno di regole codificate, ha dato una grossa mano anche a comunicare questa novità in alcune testate mediatiche che altrimenti non avrebbero mai parlato del nostro settore”.
Tra le prossime novità di TheOneMilano, Salvaneschi anticipa un possibile ampliamento dell’area tematica che in questa edizione è stata riservata all’artigianato in filiera in collaborazione con Confartigianato. “Forse anche noi cercheremo di portare l’expertise dei nostri artigiani a disposizione di un mondo moda più allargato, come hanno fatto con altre realtà Mipel e Micam (rispettivamente Mirta e Italian Artisan, ndr.), anche se al momento l’universo fashion non ci sta premiando, perché dice no alla pelliccia. Dal nostro punto di vista sbagliano. Contiamo molto sulla rassicurazione data dalla certificazione Furmark”, conclude.
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