Moda

La moda lancia l’allarme: aiutare i piccoli. Saper fare e capitale umano gli asset


I punti chiave

  • Al convegno Future for Fashion si sono riuniti imprenditori e istituzioni della moda toscana e italiana
  • Le imprese e le istituzioni hanno lanciato un allarme: la filiera rischia di non superare la crisi iniziata con il Covid e amplificata dalla guerra in Ucraina
  • Gli asset strategici su cui investire: know-how e capitale umano

L’industria della moda si guarda allo specchio – in un convegno a Firenze che ha riunito imprenditori, manager e istituzioni – e si scopre ferita. È una ferita contenuta (almeno per ora) per i grandi marchi globali, in grado di compensare le perdite su alcuni mercati con le vendite realizzate su altri; ma è una ferita pericolosa per le piccole e medie imprese della filiera, indebolite dall’aumento dei costi energetici, logistici, delle materie prime, e dalle difficoltà dell’export in Russia e Ucraina.

«Per noi la Russia rappresenta solo il 2% – ha detto Patrizio Bertelli, amministratore delegato di Prada – ma non dobbiamo guardare gli effetti sui marchi affermati, dobbiamo pensare alle Pmi della moda che non hanno capacità contrattuale e non sono presenti su tanti mercati: qui bisogna che la politica intervenga come ha fatto col Covid, altrimenti molti rischieranno di chiudere».

Più a rischio il monte della filiera

Un rischio che si amplifica nella attività a monte della filiera: «È vero che per qualche azienda la Russia rappresenta piccoli numeri – ha detto Ercole Botto Poala, imprenditore tessile e vicepresidente Confindustria Moda – ma per altre pesa fino al 70% del fatturato, per cui immaginatevi cosa possa rappresentare questa crisi, soprattutto per chi esce da un periodo difficile come quello del Covid».La necessità d’intervento è quella che Carlo Capasa, presidente della Camera nazionale della moda, ha sollecitato al Governo: «Aiutate i piccoli – ha riferito di aver chiesto a Roma – dobbiamo difendere la seconda industria italiana facendo un progetto complessivo per il futuro della moda. E dobbiamo ricordarci che siamo i primi produttori al mondo di moda di qualità, diamo lavoro a 600mila persone».

L’aiuto delle istituzioni dovrà intensificarsi secondo il sindaco di Firenze Dario Nardella, “padrone di casa” nel Salone de’ Cinquecento di Palazzo Vecchio dove si è svolto il convegno “Future for fashion”, organizzato da Confindustria Firenze in collaborazione con il Comune e il Centro di Firenze per la moda italiana. «Le istituzioni pubbliche devono fare ancora di più – ha detto Nardella – il Governo deve mettere a punto un piano strategico per l’industria della moda perché un modello come il nostro, in cui le imprese e le istituzioni lavorano insieme, non ce l’ha nessuno, neppure i francesi, e dobbiamo tenercelo stretto».

Saper fare e capitale umano sono gli asset su cui investire: «Nel 2021 il sistema-moda fiorentino ha esportato più di 9 miliardi di euro, in crescita del 7% sui valori pre-pandemia – ha detto il presidente di Confindustria Firenze, Maurizio Bigazzi – e il segreto sta nel nostro patrimonio imprenditoriale, cioè in quelle settemila unità produttive che fanno di Firenze uno dei principali hub della manifattura di lusso a livello europeo. Ma il segreto sta anche nel capitale umano, nei 39mila addetti del settore che uniscono artigianalità, competenza e innovazione».

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