Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
28 mar 2022
Dal 24 al 27 marzo si è tenuta la prima “Metaverse Fashion Week” (o MVFW) nell’universo virtuale di Decentraland, rappresentazione plastica (anzi… digitale) dell’ascesa del mercato della moda virtuale. Con da un lato un metaverso che per l’occasione si è offerto una maggiore copertura mediatica di fronte agli universi virtuali concorrenti, e dall’altro dei brand decisi a prendere sul serio questo nuovo mondo, lontani dallo snobismo che un tempo avevano riservato alle nascenti vendite online. Il risultato? Un rinfrescante cocktail creativo e commerciale per il settore, nonostante ostacoli tecnici e problematiche organizzative. E soprattutto domande reali sulle potenzialità della moda virtuale.

La prima Metaverse Fashion Week ha debuttato giovedì con la sfilata di Dolce&Gabbana, ospitata sotto una pioggia di laser nell’UNXD Luxury District, inaugurato poche ore prima (coordinate -100, -18). Al centro di questo quartiere apertamente ispirato ad Avenue Montaigne (Parigi VIII arrondissement), che ospita le boutique di Dolce & Gabbana, Etro, Auroboros e Frank Muller, si erge un’imponente agorà immacolata. Al centro, una passerella a forma di ‘8’ su cui si susseguono avatar che indossano le collezioni virtuali.
Tutto avviene secondo un preciso copione. Troppo, forse, al punto che tra i cento spettatori radunatisi nella piazza compaiono messaggi del tipo: “Non sta succedendo niente da me. E da te?”, si stupisce un visitatore, la cui esperienza sembra condivisa. Quando queste persone riescono a riconnettersi alla Rete, lo show è purtroppo finito, mentre un gigantesco conto alla rovescia preannuncia una lunga attesa per il prossimo.
Un problema che sembra essersi manifestato anche venerdì, per la sfilata di Etro, e in misura minore durante il weekend. Facendo perdere ad alcuni la nuvola di stelle rosa che Etro aveva fatto piovere per l’occasione. Ahinoi, anche una fibra solida e un PC settato per il gaming non sempre bastano a garantire una presenza stabile nel metaverso.

Un altro luogo ha ospitato diverse sfilate: la passerella Kollectif (97, -13). Stavolta si trattava di un tubo trasparente che formava un anello. Ancora una volta, molti decentralandiani si sono accalcati lungo questa passerella futuristica, sulla quale si sono susseguiti Perry Ellis, Christine Massary, MTA x DressX e 8sian. I modelli virtuali sfilano, si fermano, eseguono tutti le stesse tre pause e ripassano più volte. Un aspetto ripetitivo ben congegnato, che consente ai visitatori di partecipare all’evento in corso senza perdersi nulla.

Altra location di défilé molto attesa è stata la Plein Plaza (-80, -57). Il designer tedesco non ha deluso. Al centro del vasto terreno, una creatura simile a un gasteropode, che apre periodicamente una macabra bocca da cui emerge una modella dall’aspetto soprannaturale. Soprannaturale, ma non tanto per Decentraland. E questa è una delle lezioni che si traggono da questa prima MVFW: i marchi forse non si spingono abbastanza oltre.
Adattare i codici del reale al virtuale?
Amichevoli e accoglienti, i frequentatori abituali di Decentraland vagano infatti per il loro metaverso indossando outfit uno più sgargiante dell’altro: ali fluorescenti al neon, tute retroilluminate, parka robotici, corpi da centauro… Come a sottolineare con quanta impazienza fosse atteso un evento che ha coinvolto così tanti grandi marchi. Tuttavia, alcune sfilate sembravano impallidire davanti alle tenute di coloro che venivano ad assistervi.
Il che ha sollevato la questione della meta-strategia da adottare per i brand IRL (In Real Life, nel mondo reale, ndr.): conformarsi allo spirito presente nelle collezioni fisiche, come ha fatto Etro, o adattarsi ai deliri creativi consentiti dal virtuale (a rischio di perdersi), come nel caso di D&G? Unica certezza: vista la diversità dei look indossati dai visitatori, i potenziali clienti ci sono. Resta da valutare la reale dimensione di questo mercato e gli investimenti che può giustificare all’interno delle attività dei marchi.

Al di là delle sfilate, la Fashion Week ha rappresentato per Selfridges l’occasione di inaugurare il suo flagship (63, 14), un edificio con una facciata a nido d’ape (direttamente ispirato al suo vero flagship di Birmingham) che riunisce varie creazioni virtuali di Paco Rabanne. Su Rare Street (-44, 70), i visitatori possono anche trovare i flagship di Perry Ellis o PumaxArtisant e di pure player come Crypto Couture. Anche Ikks ha lanciato il suo flagship, ma in un’altra strada dedicata alla moda, il Portal Fashion District (-86, 108) che ospita una quindicina di marchi, tra i quali Hogan e Tommy Hilfiger.

Lo stesso Tommy Hilfiger in persona ha partecipato alla MVFW. Sfortunatamente, come segnalato venerdì da alcuni visitatori che se ne sono molto lamentati, un errore di programmazione oraria nel calendario ufficiale (corretto in seguito) ha posizionato il suo discorso molto più tardi di quando è avvenuto realmente. Le Fashion Week sembrerebbero quindi destinate a problemi di orari anche nel metaverso. Inoltre, sebbene le tavole rotonde proposte durante la MVFW siano state rilevanti dal punto di vista dei contenuti, assistervi da gradinate virtuali, di fronte a uno schermo dentro lo schermo, pone diversi interrogativi sulla complessità della forma proposta.
Anche passeggiare per le vie dello shopping di Decentraland solleva interrogativi. Di fronte ai siti di vendita, il commercio fisico ha il vantaggio di poter osservare da vicino gli abiti. In un flagship del metaverso, i vestiti non sono meglio visibili che nel marketplace interno di Decentraland. Il che solleverà prima o poi la questione della rilevanza di questi shop che ricalcano i loro corrispondenti nella realtà, al di là dell’esperienza stessa.

Estée Lauder, i cui prodotti non sono facilmente “virtualizzabili”, sembra aver seguito tale ragionamento per il suo indirizzo (-17, 140), inserito nel programma di questa MVFW: un flacone gigante di crema viso per la notte che fluttua nell’aria. Con al suo interno una “Estée Lauder Experience” offerta ai visitatori.
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