Tra gli innumerevoli effetti negativi della pandemia e delle tensioni geopolitiche scatenate dalla guerra mossa dalla Russia all’Ucraina rischia di esserci la transizione ecologica. Vale per i singoli Paesi e per ogni loro settore industriale, a cominciare, in Italia e nel mondo, dal sistema moda. Ma c’è chi è determinato a continuare a costruire e investire risorse economiche e culturali per diventare, tutti, nessuno escluso, più sostenibili perché più consapevoli. Come dimostra la campagna Make the label count (Mtlc, “fà in modo che le etichette abbiano un senso”, potremmo tradurre), lanciata nell’ottobre scorso e sostenuta da molte associazioni di settore. Il prossimo passo, come spiega George Harding Rolls, campaign adviser della Changing Markets Foundation, tocca alla Commissione europea, che il 30 marzo ha presentato la sua Textile Strategy e in luglio condividerà le proposte sulle iniziative di sostenibilità affiancate da quelle relative alla convalida delle affermazioni ecologiche, sul potere dei consumatori per la transizione verde e la strategia sui tessuti sostenibili. «È cruciale che tutti i Paesi restino concentrati sui temi di medio e lungo periodo, come la sostenibilità, anche quando sono impegnati a fronteggiare minacce come la pandemia o le guerre – spiega Harding Rolls –. Dobbiamo capire una volta per tutte come, sul nostro pianeta, sia tutto collegato, dai combustibili fossili al sistema, assai fragile, alimentare, passando per l’industria globale della moda».
Dal greenwashing alla certificazione
Dal lancio della campagna Mtlc sono passati pochi mesi, ma l’interesse di aziende, consumatori e istituzioni è forte, anche perché nessuno vuole essere accusato di greenwashing, preferendo una certificazione esterna dei progressi fatti sulla trasparenza, chiesta soprattutto dalle generazioni più giovani. «L’industria della moda è la quarta più inquinante dopo l’alimentare, le costruzioni e i trasporti – ricorda Harding Rolls –. Consuma più energia dei trasporti aerei e marittimi ed è responsabile per una parte significativa di inquinamento delle acque: si stima che i nostri vestiti riempiano gli oceani, ogni anno, di mezza tonnellata di microplastiche, equivalente di 50 milioni di bottiglie di plastiche».
La sfida dell’economia (davvero) circolare
Ma il grande tema del futuro è il riciclo e riuso (si veda Il Sole 24 Ore di ieri sulle strategie di Euratex): «Rispetto a 15 anni fa compriamo il 15% in più di capi di abbigliamento e li usiamo per la metà del tempo – conclude l’attivista –. Quando ce ne liberiamo, fino al 99% dell’abbigliamento finisce nelle discariche o viene incenerito». Secondo Hardin Rolls è necessario aumentare l’uso di fibre naturali, dalla lana al cotone, e far evolvere gli attuali criteri di calcolo della Pef (l’impronta ambientale) includendo rinnovabilità, biodegradabilità, e ruolo delle microplastiche.
L’intervista completa (in inglese)
How important it is to stay focused on sustainability issues despite everything that is happening?
It’s crucial. Society’s resilience to crises will be tested time and again through the coming decades and it’s vital that we stay focused on the long term while also responding to immediate threats. It’s important also to recognise the way so many issues are interlinked – from fossil fuel reliance to a fragile food system – these are all fundamental elements to address for a sustainable future in a way that makes us all more resilient.
Evolution of the concept of sustainability and above all of transparency and fight against green washing.
It wasn’t so long ago that any mention of sustainability by a major company was met with excitement and optimism. Personally, I remember seeing the launch of H&M’s Conscious Collection and thinking that this was a great sign of fashion headed in the right trajectory. Fast forward 10 years and we’re in a very different place. Greenwashing is everywhere and the majority of corporate sustainability efforts are being exposed as illusions. For example, sticking with H&M, research we conducted in 2021 found that as many as 96% of H&M green claims for clothing were misleading or unsubstantiated – most of those claims are now offline showing that, yes, this was in fact greenwashing and they are not able to back up what they’re claiming.