Di
Ansa
Pubblicato il
20 apr 2022
La guerra frena l’economia mondiale andando a “peggiorarne significativamente” le prospettive. L’invasione dell’Ucraina si va infatti a sommare a una pandemia ancora in corso e a un’inflazione in aumento, dando vita a un mix che costringe il Fondo Monetario Internazionale a un taglio deciso delle sue stime di crescita. Il Pil mondiale è atteso quest’anno salire solo del 3,6%, quasi un punto percentuale in meno rispetto alle previsioni di gennaio.

Ad eccezione di Ucraina e Russia, che sperimenteranno contrazioni rispettivamente del 35% e dell’8,5% quest’anno, è Eurolandia a pagare il prezzo più salato della guerra, con una crescita che si ferma al 2,8% nel 2022, ovvero 1,1 punti percentuali in meno su gennaio, e al 2,3% nel 2023 (-0,2). A pesare sul rallentamento dell’area euro sono soprattutto Italia e Germania, i due paesi più dipendenti dall’energia russa. Per il Belpaese il Fondo rivede al ribasso le stime per il 2022 e il 2023, con il pil atteso crescere quest’anno del 2,3%, -1,5 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni di gennaio e 0,8 punti in meno rispetto al 3,1% indicato dal governo italiano nel Def. Poi il prossimo anno la crescita si ridurrà ancora all”1,7% (-0,5 punti sulle stime precedenti, 0,7 su quelle del governo italiano). Un rallentamento che continuerà, con una crescita che pian piano scende e si attesta alla fine ad un +0,5% nel 2027. Nonostante la frenata il tasso di disoccupazione italiano è previsto scendere dal 9,5% del 2021 al 9,3% del 2022, una cifra con la quale il paese resta comunque sopra la media europea. In calo anche il deficit, previsto quest’anno al 6% dopo aver toccato il 7,2% nel 2021. Il debito pubblico è invece atteso al 150,6% del pil nel 2022 e al 148,7% nel 2023.
L’Italia comunque non è la sola a frenare. Lo fanno tutte le altre grandi economie europee, inclusa la Gran Bretagna, e lo fanno anche Stati Uniti e Cina, dove la crescita è stata rivista al ribasso a causa del Covid e dei lockdown imposti. Negli States il rallentamento è in parte dovuto alla mancata approvazione di parte dell’agenda economica di Joe Biden e alla galoppata dell’inflazione, che ha spinto la Fed ad aprire un aggressivo ciclo di rialzi del tassi. Strette che, secondo il Fondo, sono “necessarie” e più “urgenti” a causa della guerra. Il conflitto ha accelerato la corsa dei prezzi e ormai, ammettono gli esperti di Washington, l’inflazione è un “pericolo chiaro” che complica l’azione delle banche centrali impegnate e cercare il delicato equilibrio fra contenimento dei prezzi e crescita.
“L’inflazione resterà elevata più a lungo delle attese”, osserva il Fmi senza nascondere la propria preoccupazione per la corsa dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari. Una galoppata quest’ultima che rischia”, avverte il segretario al Tesoro americano Janet Yellen, “di far scivolare 10 milioni di persone in povertà. L’emergenza alimentare così come le altre ricadute economiche della guerra saranno uno dei temi al centro del G20 dei ministri finanziari e dei governatori delle banche centrali, previsto nelle prossime ore a Washington. Yellen boicotterà alcuni incontri del G20 dove è presente la Russia, evitando però il rischio che Mosca detti e condizioni i lavori. Dal G20 è atteso un messaggio chiaro alla Russia, ovvero che è la sola responsabile delle ricadute economiche della guerra. Gli effetti economici dell’invasione sono, secondo il capo economista del Fmi Pierre-Olivier Gourinchas, come “onde sismiche emanate dall’epicentro di un terremoto”.
Onde che rischiano di causare una “frammentazione dell’economia” in blocchi geopolitici. Questo, avverte il Fondo, sarebbe uno “spostamento tettonico” che rappresenterebbe la maggiore sfida alle regole che governano le relazioni internazionali ed economiche da 75 anni. Un’ipotesi questa che agita il direttore del Fondo convinto che una frammentazione impoverirebbe tutti. Quindi ricorre alle parole di uno dei fondatori di Bretton Woods per chiarire il suo concetto: “La prosperità e la pace sono indivisibili”.
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