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Dai mercati a Fed-Bce, è incubo stagflazione


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Ansa

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22 mag 2022

L’incubo della stagflazione prende sempre più i contorni della realtà, e manda in allarme tanto i mercati quanto i ‘policy maker’ – dal G7 alla Bce alle riunioni di Davos – che si ritrovano sul tavolo un dossier colmo di riferimenti agli anni Settanta, alla crisi petrolifera, agli errori di allora che sfociarono nell’alta disoccupazione, nell’inflazione a due cifre e infine nell’austerity. Allora fu il tandem delle svalutazioni di Nixon con la crisi petrolifera a causare la combinazione maledetta di crescita stagnante, alta inflazione e disoccupazione. Oggi sono i ‘cigni neri’ della guerra di Putin, dei prezzi stellari di materie prime ed energia, della pandemia che colpisce il commercio internazionale con la Cina che prosegue nei lockdown e rallenta vistosamente.

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Le conseguenze – come ha ammesso il presidente della Fed, Jay Powell – potrebbero fare male. È Mohamed el-Erian, ex capo del colosso dei bond Pimco ora a Gramercy Fund Management, a suonare la campana. La recessione “non è inevitabile, ma purtroppo le probabilità stanno salendo. Quello che è inevitabile è una stagflazione”.

Gli investitori prendono nota: nuova correzione delle Borse, dal Dow Jones che perde quasi un punto (-18% da inizio anno) al Nasdaq che tiene ma ha cancellato un quarto del suo valore da gennaio. Dalla chiusura piatta di Milano con Parigi e Francoforte giù di circa l’1%, al Nikkei a -1,89% fino al -2,54% di Hong Kong. E poi i bond: lo spread italiano continua a oscillare non lontano da 200 punti (195), ma tradisce un rally che coinvolge il Bund tedesco e i Treasury americani e non porta buone notizie: ora si torna a comprare obbligazioni per proteggersi dal rischio crescente di una recessione americana.

Corrono ai ripari anche le autorità mondiali, dopo i ritardi mascherati dall’inflazione giudicata “temporanea” e con quasi tutte le istituzioni che neanche vogliono pronunciare la parola stagflazione. Per ora anche l’Fmi sta alla larga, anche se avverte l’Italia – dopo la consueta missione ‘Article IV’ – di “formidabili nuove sfide economiche” da fronteggiare con riforme, meno debito e senza ritardi sul Pnrr. La pronuncia invece il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner, bisogna muoversi rapidamente e coordinati a livello del G7 contro l’inflazione per “evitare la stagflazione”. 

L’incubo di ogni banchiere centrale, messo di fronte a un rebus: combattere l’inflazione richiede di alzare i tassi, ma così si rischia di peggiorare una crescita già a rischio. L’orientamento della Fed, e sempre più della Bce, sembra essere quello di dare priorità all’inflazione e non ripetere l’errore degli anni Settanta, quando la politica monetaria troppo espansiva esacerbò a tal punto l’inflazione da creare le premesse per la Reaganomics e il ‘Thatcherismo’. E così la Fed ci va giù duro, con rialzi dei tassi da mezzo punto per volta finché la ‘bestia’ dei prezzi non sarà domata. La Bce, più prudente vista l’economia più esposta allo shock dell’Ucraina, vede rischi “limitati” di recessione. Ma già nel Consiglio direttivo di aprile alcuni consiglieri ‘falchi’ notavano l’errore di aver sottovalutato l’inflazione nell’ultimo anno, e di una politica monetaria “incoerente” con l’andamento dei prezzi. I verbali di quella riunione prevedono inflazione “molto alta” nei prossimi mesi e “rischi crescenti”, rafforzando le premesse per un primo rialzo dei tassi a luglio da 25 centesimi.

Dal G7 il commissario Ue Paolo Gentiloni invita a “rendere più mirati e selettivi i sostegni”. Già, perché il dilemma riguarda anche le scelte di bilancio: troppo espansive creano inflazione. Troppo restrittive, colpiscono i deboli il cui potere d’acquisto è falcidiato da inflazione e disoccupazione. Se va bene col consumare meno peggiorando i bilanci delle aziende. Se va male, ad ingrossare le fila dei senza tetto, emergenza in molte città americane già durante la pandemia.

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