I punti chiave
- Chanel ha presentato a Firenze la collezione Mètiers d’Art 2022
- L’azienda ha chiuso il 2021 con ricavi per 15,6 miliardi di dollari in salita del 22,9% sul 2019
- Metà della produzione di Chanel è fatta in Italia
«Stiamo sviluppando nuove partnership produttive in Italia, perché l’artigianalità e il lavoro con le mani sono valori alla base del nostro marchio». Bruno Pavlovsky, 58 anni, presidente della divisione Moda di Chanel, annuncia l’imminente acquisizione di altre aziende del made in Italy per assicurare capacità produttiva al brand francese da 15,6 miliardi di dollari di ricavi 2021 (14,6 miliardi in euro,+49,6% sul 2020 e +22,9% sul 2019), e utile operativo di 5,45 miliardi di dollari (5,12 in euro).
L’annuncio arriva a Firenze, città che in più occasioni Pavlovsky ha dichiarato di amare profondamente, di fronte a 250 studenti di scuole di moda – tra le quali Polimoda, Marangoni, Alta scuola di pelletteria, Bocconi e Politecnico di Milano – incontrati prima della riedizione della sfilata Metiers d’art, alla Stazione Leopolda. A fianco del manager, Penelope Cruz, ambasciatrice del brand.
A quali aziende italiane siete interessati?
Ad aziende di tutti i settori: pelletteria e calzature, ma anche abbigliamento e gioielli. Stiamo trattando: per adesso non posso dire di più.
Avete già contratti con molti terzisti italiani e partecipazioni in nove aziende, tra le quali Roveda (scarpe), Vimar 1991 (filati) e la maglieria Paima. Poi c’è la fiorentina Leo France, produttore strategico dei vostri gioielli: ci saranno novità?
Con Leo France siamo soci in una piccola società di accessori metallici, tutto qua. Collaboriamo da lungo, lungo tempo.
Quanto producete in Italia?
La metà della nostra produzione è fatta in Italia. E non è una cosa recente, avviene da anni. Siamo piuttosto discreti su questo punto. Le aziende italiane partecipano allo sviluppo del prodotto, realizzano la produzione vera e propria e hanno una capacità fondamentale, che è quella di consegnare la merce: una sfida sempre più grande, viste le difficoltà di reperimento dei materiali che esistono oggi. Ancora più difficile è trovare materiali sostenibili, sapere da dove arrivano, da chi vengono prodotti e in quali condizioni.