Di
Ansa
Pubblicato il
19 giu 2022
Un ragazzo rasta danza a ritmo tribale in chiusura della sfilata milanese di Emporio Armani, a sottolineare la voglia di leggerezza e libertà della collezione per la prossima estate, sottolineata dal titolo ‘Cesto d’estate’.

“Nel mio primo Emporio, in via Durini”, racconta Giorgio Armani, “alcuni prodotti erano esposti in ceste intrecciate, e il pubblico poteva prenderli e sceglierli come preferiva. Era una piccola trovata, ma piena di energia. Questa collezione è come una di quelle ceste piene di possibilità che ciascun uomo potrà esplorare, giocando e osando. Mi piace creare questa connessione con il mio pubblico, perché la moda è un continuo dialogo”.
Ad applaudire la nuova collezione, che vede la camicia protagonista, Alessandro e Leo Gassman, Pietro Castellitto e la campionessa Sofia Goggia. Per portare in città la vacanza e viceversa per vestire di accuratezza le ferie, Armani ha puntato sulla leggerezza dei cotoni per camicie e pantaloncini, su dettagli come fessure sui calzoni e zip sulle camicie, sulla fresca eleganza dei completi di lino, con dettagli come le ciabatte con intreccio che ricorda quello delle ceste di vimini e grandi cappelli di paglia.
“La libertà dell’estate”, chiosa Armani, “si traduce spesso in poca cura, ma sono convinto che ci sia un modo composto anche di essere spensierati ed esuberanti. Un modo che ho voluto esprimere in questa collezione leggerissima, fatta di camicie, pantaloni generosi, pantaloncini e giacche di gobelin. Accessorio indispensabile è il cappellaccio a tesa larga, da pescatore, e poi le scarpe di gomma, perché vestirsi è anche divertirsi”.

Per gli ospiti della sfilata, un’anteprima della mostra che apre negli spazi di Armani/Silos, ‘Magnum Photos – Colors, Places, Faces’, curata dallo stesso Armani in collaborazione con Magnum Photos. In mostra, lo sguardo di dieci fotografi internazionali e i rispettivi modi di intendere la fotografia, dalla Cina di Christopher Anderson, indagata nei volti invece che nelle architetture, alla Dubai di Olivia Arthur, vista nello sguardo di un naufrago tornato dopo cinquant’anni in una città che da villaggio è divenuta megalopoli; dal Marocco di Bruno Barbey, racconto di un paese che si è sottratto alla modernità, alla New York di Werner Bischof, ritratta a colori; dalle architetture intese come spazi sociopolitici di René Burri, ai litorali visti come luoghi di confine tra terra e acqua di Harry Gruyaert; dalla pungente dissezione del vivere inglese di Martin Parr, a Tokyo e Venezia ritratte da Gueorgui Pinkhassov, dall’Iran dipinto nella sua quotidianità da Newsha Tavakolian, all’America Latina e i Caraibi a tinte sature di Alex Webb.
“La fotografia mi appassiona da sempre perché l’emozione che suscita”, spiega Armani, “è strettamente legata alla sorpresa nell’osservare la realtà da un punto di vista inaspettato”.
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