Pubblicato il
12 lug 2022
Manteco SpA nasce nel 1943 a Montemurlo (PO) con Enzo Anacleto Mantellassi, che avvia la produzione di filati di lana riciclata, ottenuti rigenerando vecchi indumenti e coperte militari. Oggi specializzata in lana vergine, lana rigenerata cardata e cashmere rigenerato, l’azienda pratese negli ultimi anni si è anche orientata sui lini e i cotoni sostenibili certificati, biologici o riciclati.

Dopo aver chiuso il 2019 intorno ai 90 milioni di euro di giro d’affari, nel 2020 pandemico Manteco era scesa del 15%, per poi risalire nel 2021 al livello di 80 milioni registrato nel 2018. “La nostra previsione primaria rimane quella di chiudere il 2022 a 100 milioni di euro, ma adesso occorrerà tenere conto del problema della situazione geopolitica mondiale, che ha portato a una carenza di materie prime e che si è inserita nel periodo finale della prima fase della pandemia di Covid, a seguito della quale hanno chiuso tantissime aziende”, ricorda a FashionNetwork.com Mattia Trovato, responsabile comunicazione di Manteco. “Perciò ora, con la mole di lavoro che c’è per l’incremento della domanda, soprattutto per un’azienda come la nostra che realizza tessuti circolari, non ci sono abbastanza lavorazioni per soddisfare pienamente le richieste”.
I problemi di Manteco (che si avvale di una rete produttiva completamente tracciabile e trasparente, formata da oltre 50 PMI locali che seguono la sua “Charter of Supply Chain Commitments” ed elevati standard di produzione), sono infatti quelli di tutto il settore: a causa delle attuali incertezze globali sull’approvvigionamento a livello di filiera e supply chain, le aziende che producono i tessuti stanno avendo difficoltà a soddisfare l’accresciuta domanda, in quanto le imprese che realizzano prodotti finiti stanno ordinando molto per evitare di rimanere senza materia prima per confezionare le collezioni. Con conseguenti ritardi nelle consegne, magari di ordini fatti all’ultimo momento.
Nel frattempo, “rispetto a un 2019 in cui si lavorava su un 60% di lana vergine, 30% di lana rigenerata e 10% di cotone, lino e viscose, ora il 45% della nostra produzione è lana vergine e oltre il 45% di riciclato”, precisa Trovato. “E lavoriamo maggiormente con la donna, perché produciamo tessuti che hanno delle mani più adatte al mercato femminile. Solo il 5% è ottenuto con il cotone, sul quale comunque l’anno scorso abbiamo registrato vendite record, grazie in particolare al successo di una collezione di tessuti filati in Italia, al 70% riciclati GRS (Global Recycled Standard) e al 30% biologico OCS (Organic Content Standard)”. La collezione si chiama Charka, dal nome della macchina con cui il Mahatma Gandhi faceva il filato di cotone, “cui ci siamo ispirati per l’effetto fiammato artigianale”, spiega Trovato, “ed è un prodotto tutto nostro che abbiamo solo noi, studiato insieme ad una filatura del nord Italia, arrivato sul mercato in un momento in cui la domanda per la sostenibilità era alle stelle”.

Principali mercati di Manteco sono la Spagna al primo posto e al secondo la Francia; seguono Giappone, Corea del Sud, Germania e Stati Uniti (questi ultimi due sono i territori più cresciuti lo scorso anno). “In Giappone siamo proprio considerati un brand, mentre l’Italia non raggiunge il 10% del nostro fatturato”, spiega Mattia Trovato, che ricorda come Manteco abbia investito molto sui social network, andando forte soprattutto su Linkedin e Instagram, e che nonostante Manteco sia un marchio B2B che non ha un suo e-commerce ne sta valutando l’adozione, pur “non volendo esagerare con le diramazioni”, conclude.
Tra le eccellenze produttive di Manteco c’è la gamma “MWool”, con il suo Durability Treatment brevettato, un sistema di produzione a scarto zero e chilometro zero, che garantisce totale riciclabilità. “MWool” viene ottenuta grazie al riciclo meccanico, senza sostanze chimiche, di maglie pre e post-consumo, che vengono prima selezionate ed analizzate tramite più di 150 test chimici e fisici. Inoltre è la prima lana rigenerata al mondo ad essere stata analizzata tramite un Life Cycle Assessment certificato per calcolarne l’impatto ambientale. Dopo questo studio approfondito è stato appurato che un tessuto realizzato fatto con “MWool” impatta -99,2% sul cambiamento climatico, -99,9% sull’utilizzo di acqua e -93,3% sul consumo di energia, rispetto ad un tessuto equivalente realizzato con lana vergine generica.
Manteco ha implementato anche il processo Recype, tramite il quale si riescono a ideare nuovi colori di lana semplicemente mescolando diverse fibre e sfumature di colori, senza che sia necessaria alcuna tintura, dal momento che i capi pre e post consumo sono già tinti dalla loro vita precedente. Manteco aderisce poi ai principi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile attraverso la sua roadmap per la sostenibilità “MantEco for Planet”.
Da segnalare anche Project43, progetto basato sui principi dell’economia circolare. Il suo scopo è quello di ottimizzare i materiali esistenti e promuovere le pratiche “Zero Waste”, recuperando i ritagli dai confezionisti che utilizzano i tessuti di Manteco e rigenerandoli in nuovi tessuti di lusso. Project53 punta invece ad ottimizzare e ridurre a zero gli avanzi di confezione di qualsiasi produttore, non solo Manteco. Questo include tessuti e altri elementi tessili, come maglie. Tali materiali vengono raccolti e rigenerati attraverso una semplice procedura, fino a creare un nuovo tessuto di lusso.
Infine, Manteco ha creato la Manteco Academy, polo culturale e punto di incontro dove le persone e l’arte di realizzare tessuti si intersecano costantemente, che si concretizza nella collaborazione con scuole e accademie di moda per supportare i progetti dei loro studenti (tra cui NABA, Kolding School of Design, IED, Istituto Marangoni, IFM, Royal College of Art, Polimoda, Politecnico di Milano e Amsterdam University of Applied Sciences).
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