Moda

L’occhialeria vola oltre i 5 miliardi, in crescita del 30% sul 2019


Dopo i dati del tessile e della sua fiera, Milano Unica, quelli, altrettanto positivi dell’occhialeria e del Mido, il più importante evento del settore a livello globale, che si apre sabato, sempre a Rho-Fiera Milano, con oltre mille espositori da 150 Paesi, Asia compresa, per la prima volta dal 2019. Mido fu infatti la prima manifestazione a saltare causa Covid e il 2020 fu, come per ogni economia, azienda e Paese, un anno da dimenticare, in cui il fatturato passò da poco meno di 4 miliardi a poco più di 3, mantenendo però quasi la stessa quota di export (90%), confermata nel 2022 e che è la più alta dell’intero tessile-moda-accessorio (Tma), che vale 109 miliardi.

«Da una parte vogliamo e dobbiamo lasciarci alle spalle la pandemia e tutto quello che ha comportato, dall’altra non possiamo nasconderci le incertezze del 2023, legate in particolare alla geopolitica», ha spiegato Giovanni Vitaloni, presidente di Mido e di Anfao (l’associazione di filiera) e imprenditore del settore con la torinese Vanni, che tra l’altro dal 2021 è una società benefit, la prima del settore occhialeria, e che produce tutto in Italia.

Aspettando con cauto ottimismo lo sviluppo degli scenari internazionali, il settore può contare sui dati del 2022: la produzione è cresciuta del 24% a 5,17 miliardi e l’export è arrivato a 5 miliardi, con gli Stati Uniti, come da moltissimi anni, primo mercato di sbocco e che assorbono oltre il 30% delle esportazioni. «Il rimbalzo è stato più veloce e forte del previsto – ha sottolineato Vitaloni –. Rispetto ai circa 4 miliardi dell’anno pre Covid siamo cresciuti del 30% ed è merito dell’intera filiera, un patrimonio concentrato nel distretto veneto del bellunese, ma presente anche in altre regioni, e che è unico al mondo».

Accanto ai giganti del settore, che potremmo definire capofiliera (Luxottica, Safilo, Marcolin, De Rigo, Kering Eyewear e Thelios) ci sono oltre 800 aziende, molte delle quali Pmi, che negli anni hanno continuato a innovare prodotti e processi, consentendo all’Italia di mantenere la leadership mondiale nel medio-alto e alto di gamma. «Più che quelli di fatturato, temo i cali di marginalità che vedremo nel 2023 e che in parte abbiamo registrato nel 2022 – ha detto il presidente di Mido e Anfao –. Le grandi aziende possono assorbirli, le Pmi e quelle ancora più piccole no e sarebbero costrette a tagliare gli investimenti in ricerca, in primis, che sono il motore del settore e del Tma nel suo complesso».

Al Mido che si apre dopodomani si sono pre-registrati oltre 20mila visitatori e per la prima volta dal 2019 torneranno in grandi numeri i buyer asiatici e le aziende cinesi. «L’edizione 2023 conferma la forte partnership con Fiera Milano, con la quale abbiamo già concordato le date da qui al 2026, e con Agenzia Ice –ha aggiunto Vitaloni –. Il progetto incoming ci consente di portare a Milano 180 persone tra buyer e stampa straniera, provenienti da 42 Paesi. Negli anni, anche prima dello stop forzato legato al Covid, ho sentito dire che le fiere, nell’era del digitale, avrebbero perso importanza. Mido e molti altri eventi dimostrano che non è così: a Milano si viene per vedere tutte le novità della filiera, per firmare ordini, osservare le tendenze e riflettere sui cambiamenti economici e sociali e sulla sostenibilità, un percorso che il nostro settore ha intrapreso con convinzione e impegno da ben prima che diventasse di interesse generale».

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