Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
11 nov 2021
L’adagio spesso citato di Francis Scott Fitzgerald che “non ci sono secondi atti nella vita pubblica americana” è spesso considerato un avvertimento per gli stilisti di non imbarcarsi nel pericoloso tentativo di reinventarsi in una seconda carriera.

La massima è stata certamente disattesa da uno dei designer più iconoclasti della moda, Martin Margiela, la cui ultima impresa creativa post-moda è esposta in un’intrigante mostra organizzata presso Lafayette Anticipations, il nuovo centro d’arte sperimentale nel quartiere parigino del Marais creato dalla famosa catena di grandi magazzini Galeries Lafayette.
Il percorso da designer ad artista è spesso pericoloso. Basta chiedere a Helmut Lang, che è stato il designer più influente al mondo alla fine degli anni ’90, quando si era guadagnato un numero infinito di recensioni estatiche per le sue collezioni. Che si sono rapidamente trasformate in brutali mortificazioni critiche quando ha rinunciato ai vestiti e ha tentato di diventare un raffinato artista dal 2005.
Margiela, tuttavia, sembra riuscire a sfuggire ad un simile obbrobrio. In parte, perché lo stilista belga è stato uno stilista tanto quanto un artista concettuale nella sua ventennale carriera nella moda. Ma anche perché le sue ossessioni centrali in questa esposizione sono quelle che lo attanagliavano anche quando disegnava la moda: il culto della celebrità; l’anonimato; il consumismo usa e getta; l’omoerotismo e la rivendicazione della segretezza. Quest’ultimo è un fattore davvero vitale per Margiela. Fino ad oggi, Margiela non ha mai posato per una foto ritratto e poche persone – persino molti giornalisti di moda che hanno partecipato a tante sfilate di collezioni Margiela – sanno che aspetto abbia Martin oggi.

“Una cosa che ho chiarito a Martin quando ha parlato di diventare un artista dopo la moda è che l’ho sempre, e già, considerato un artista mentre stava ancora creando moda”, ha spiegato Rebecca Lamarche-Vadel, direttrice di Lafayette Anticipations.
Eppure, invece di una retrospettiva, possiamo ammirare una serie di opere d’arte sperimentali, molte delle quali effettivamente realizzate nel seminterrato di Lafayette Anticipations, che ha un impressionante atelier di design all’avanguardia, nel quale ha lavorato sodo anche lo stesso super-riservato designer. Tutte le opere esposte erano in realtà già pronte quasi due anni fa, ma la mostra è stata rimandata a questo autunno a causa della pandemia.
“La possibilità per Martin di lavorare qui è il punto centrale di Lafayette Anticipations. Volevamo uno spazio in cui gli artisti contemporanei avessero la libertà di creare come meglio credono, al proprio ritmo”, spiega Guillaume Houzé, l’erede delle Galeries Lafayette che è all’origine di questo centro d’arte. Ex magazzino, poi scuola, l’edificio è stato completamente ridisegnato dall’architetto Rem Koolhaas, che ha immaginato due giganteschi piani mobili, azionati da pulegge elettroniche per modificare lo spazio e declinarne il volume in una moltitudine di configurazioni.

Fedele alle sue radici, il designer 64enne, che ha un fratello parrucchiere, mostra il motivo dei capelli per tutta la mostra, suddivisa in una serie di 20 sale divise su due piani. Nel primo scopriamo Hair Portraits, un’opera composta da cinque grandi pile di riviste, ognuna sormontata da finte copertine patinate in onore di star come Monica Vitti o Catherine Deneuve, con il volto interamente coperto dai propri capelli.
Un’altra installazione, Vanitas, dipinge un ritratto astratto di una donna rappresentata nei cinque capitoli della propria vita attraverso i suoi capelli. Le cinque teste delle parrucche, realizzate in silicone e veri capelli umani, sono racchiuse sotto una scatola di vetro.
“Le vanità sono parte integrante della tradizione pittorica fiamminga. Come rappresentare la morte, la fine della vita o il Memento Mori? La soluzione di Martin: le cinque fasi della vita – la giovinezza, il primo figlio, i primi capelli grigi, la tintura dei capelli e infine la vecchiaia argentata”, spiega Rebecca Lamarche-Vadel durante una visita alla mostra.

Come stilista, Martin Margiela era noto per rendere eccezionale il quotidiano, come i suoi famosi corsetti realizzati a partire da scarpe décolleté in pelle bianca. Come artista, il designer belga fa qualcosa di simile riproducendo un comune oggetto di arredo urbano, la pensilina dell’autobus, in plexiglass e finta pelliccia, reinventando così questo classico riparo dal sole o dalla neve. Mentre l’ingresso allo spazio è coperto da una grande foto di una confezione di deodorante – la cui composizione è un elenco delle materie prime utilizzate per la mostra.
Martin Margiela, quando era un designer di moda, era ossessionato dalle forme umane e animali. La sua scarpa più famosa? Il tabi, uno stivale diviso di ispirazione giapponese, che ricorda uno zoccolo. Come artista, si diverte con i modelli classici dell’anatomia, ma presenta solo pezzi del torso umano, in silicone o gesso, decostruendo questi antichi simboli di divinità ed eroismo in frammenti di corpi quasi mutanti. Un’altra stanza presenta unghie finte rosse giganti fatte di porcellana di Nymphenburg.
In sostanza, Martin Margiela potrà anche non essere il nuovo Damien Hirst o Anselm Kiefer, ma probabilmente sfuggirà agli attacchi che hanno bombardato il caro Helmut Lang.
Martin Margiela da Lafayette Anticipations, prosegue fino al 2 gennaio 2022.
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