Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
24 nov 2021
Il governo indiano ha aumentato la tassa sui beni e servizi (GST) per i prodotti finiti, come abbigliamento, tessuti e calzature, dal 5% al 12%, a partire da gennaio 2022. Una situazione che sta causando preoccupazione tra i produttori indiani di abbigliamento, già alle prese con gli aumenti dei costi delle materie prime e dei trasporti.

L’aumento della GST su abbigliamento, tessuti e calzature è stato approvato dal CBIC-Central Board of Indirect Taxes and Customs (consiglio centrale delle imposte indirette e delle dogane) il 18 novembre scorso. I produttori di abbigliamento e calzature si sono schierati molto presto contro la proposta di tassazione, che rimette in discussione l’aliquota del 5% precedentemente in vigore, con un tetto fissato a 1.000 rupie (12 euro) per articolo.
“La Clothing Manufacturers Association of India-CMAI (ovvero l’associazione dei produttori di abbigliamento dell’India, ndr.), così come le associazioni e gli organismi di categoria in tutta l’India, hanno fortemente esortato il governo e il Consiglio della GST a non attuare questo cambiamento, ed è estremamente deludente che il Consiglio abbia scelto di ignorare la loro richiesta”, ha affermato Rajesh Masand, presidente della CMAI. “Il mercato si aspettava già un aumento del 15-20% del costo dei vestiti nella prossima stagione, anche senza l’aumento dell’aliquota della GST”.
La messa in discussione del tetto d’imposta per prodotto è tanto più sgradita in quanto oltre l’80% del mercato indiano dell’abbigliamento è costituito da capi il cui prezzo è inferiore a 12 euro, sottolinea l’organismo di rappresentanza del settore. Un mercato che deve far fronte alla nota impennata dei prezzi sul fronte dei materiali, siano essi sintetici, cotone o lana, ma anche sul fronte dei trasporti delle merci, non essendo ancora stati riassorbiti gli effetti della carenza di container del 2020.
Alla base del provvedimento c’è il fatto che il governo intende lottare contro le strutture di reverse duty, o diritti invertiti, in cui i componenti industriali sono tassati più dei prodotti finiti che permetteranno di produrre. Secondo la CMAI questa situazione riguarda solo il 15% del settore. “Per risolvere un problema che esiste nel 15% dell’industria, questa misura avrà dunque un impatto negativo sull’85% dell’industria totale”, riassume Rajesh Masand.
Resta da vedere quale impatto potrebbero avere questi sviluppi sull’acquisizione di ordini esteri. L’India è stata il quarto fornitore di abbigliamento dell’UE nella prima metà dell’anno, con 1,8 miliardi di euro di beni, in crescita del 15%. Il Paese è anche il terzo fornitore europeo di tessuti, con 1,22 miliardi di euro di materiali (+36%).
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