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Perché visitare la mostra “Thierry Mugler: Couturissime” è essenziale

Versione italiana di

Gianluca Bolelli

Pubblicato il



12 ott 2021

Da quando è stata inaugurata durante la settimana della moda di Parigi, fashionisti, fan e semplici turisti hanno affermato compatti sui social media che la visione della retrospettiva “Thierry Mugler: Couturissime” all’interno del Louvre è essenziale. Analizziamo perché considerarla imperdibile è assolutamente giusto.

Un’immagine utilizzata da MAD per la retrospettiva – Foto: per gentile concessione del Museo delle Arti Decorative

Mugler era uno dei leader di un piccolo gruppo di designer basati a Parigi noto come Les créateurs de mode, una piccola banda di grande talento che ha rivoluzionato la moda francese nei primi anni ’70, aprendo la strada al lancio dei propri marchi ad un’intera generazione di stilisti. Lo spiega attentamente proprio la mostra “Thierry Mugler: Couturissime”, in calendario fino al 24 aprile 2022, all’interno del Museo di Arti Decorative del Louvre.
 
Nato nel 1948 a Strasburgo, Mugler sognava di essere un ballerino e si è persino unito a un corpo di ballo prima di trasferirsi a Parigi all’età di 20 anni. Lì ha lavorato in una boutique hipster prima di diventare un designer freelance e lanciare il suo primo marchio, Café de Paris, nel 1973. Lo stesso anno, un gruppo di designer americani – tra cui Halston, Bill Blass e Oscar de la Renta – ha superato star francesi locali come Yves Saint Laurent e Hubert Givenchy nella leggendaria “Battaglia dei Designer” al Castello di Versailles grazie a tecniche di produzione superiori. Un evento raccontato da Netflix nella sua recente serie Halston.

Un anno dopo, Mugler ha creato il suo marchio omonimo e fin dall’inizio ha fatto sfilare collezioni straordinarie con la sua silhouette da superdonna dalle spalle larghe immediatamente riconoscibile, e le sue eroine da cartone animato in stile Catwoman-incontra-Barbarella.
 
Nel 1984, quando mise in scena lo show per il suo decimo anniversario, Mugler organizzò una super-sfilata per la quale il pubblico poteva acquistare i biglietti. Ben 6.000 persone si accalcarono nello Zenith per assistere a uno spettacolo degno di Cecil B. DeMille. Nello stesso anno, il presidente Mitterrand avrebbe ricevuto gli stilisti di moda al Palazzo dell’Eliseo proclamando pubblicamente che la moda era un’arte.

Collezione “Les Insectes” – Alta Moda – Primavera-Estate 1997 tuta in gomma, effetto “pneumatico” – Collaborazione con Abel Villarreal – Foto: Patrice Stable

Per capire come sia esteso il fandom VIP di Thierry basta vedere l’elenco di personalità che hanno contribuito con immagini e fotografie alla retrospettiva: Lady Gaga, Madonna, Celine Dion, Jean-Baptiste Mondino, Karl Lagerfeld, Guy Bourdin, Helmut Newton, David LaChapelle, Joey Arias, Ellen Von Unwerth, Gisele Bundchen e Arthur Elgort tra una sequela di generosi amici trovati nel corso di oltre mezzo secolo.
 
Tuttavia, il cuore della mostra arriva dopo il 1992, quando Thierry aveva creato con Clarins il successo mondiale dei profumi “Angel”, che gli ha permesso ancora più libertà finanziaria per potersi crogiolare nelle sue più grandi fantasie. Come nello straordinario periodo delle ispirazioni meccaniche, come le Cadillac e le Harley Davidson dei suoi ultimi défilé di prêt-à-porter di lusso, brillantemente immortalati nel famoso videoclip pop-rock di George Michael Too Funky. Il video in mostra presenta il montaggio di Thierry e non di George: una delle tante dispute creative che hanno caratterizzato la sua impressionante carriera. Anche la sua personalità incostante ed eccentrica, che lo ha portato a grossi scontri con Women’s Wear Daily non ha aiutato molto l’attività di Thierry. Mugler è sempre stato una curiosa mistura di un gentiluomo borghese, come la città in cui è nato, e di un supremo animale da festa notturno.

 

Ma per qualcuno che era presente all’originale spettacolo live “Too Funky” all’interno del Palais de Tokyo come giovane giornalista, il senso di eccitazione rivoluzionaria e di una moda che abbatte un moralistico ancien régime che ho provato è stato tremendamente eccitante. Un momento raro che probabilmente non si ripeterà mai più nell’universo fashion.
 
Tuttavia, il punto culminante della mostra sono due collezioni successive e assolutamente irresistibili: “Les Insectes” del 1996, col suo surrealismo biologico, e “La Chimère” del 1997, con le sue incarnazioni di bellezza fantasy regale, come nel caso dell’abito di velluto rosso da imperatrice “Tonkinoise”. Meglio di tutti, l’abito assolutamente sbalorditivo di “La Chimère” in squame, piume e cristalli, indossato notoriamente e meravigliosamente da Yasmin Le Bon, come una dea biomorfica che precede e umilia i migliori sforzi della tecnologia generata al computer.
 
L’esposizione presenta anche numerosi esempi di fotografie di Mugler, in particolare le sue prime foto di bellezze bionde amazzoniche appollaiate in modo precario su edifici gotici stalinisti a Mosca, in un momento in cui era quasi impossibile visitare l’Unione Sovietica. E, curiosamente, anche esempi del suo progetto per una versione cupamente surrealista di Macbeth, presentata attraverso una mezza dozzina di costumi e una fantastica serie di ologrammi.
 
Come molti altri importanti designer, da Coco Chanel a Jean-Paul Gaultier, la casa di moda di Mugler è stata infine inghiottita dal proprietario della sua licenza per i profumi. Anche se, come quei due suoi colleghi, ha anch’egli scritto un capitolo indelebile nella storia della moda, che questa mostra esprime brillantemente.
 
Se vi capita di passare per Parigi nei prossimi sei mesi, non perdetela.

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