Pubblicato il
14 dic 2021
La necessità della prudenza. L’urgenza di promuovere l’eccellenza della pelle italiana. Il valore del modello distrettuale. Sono questi i tre capisaldi attorno ai quali il 14 dicembre a Milano, si è svolta l’assemblea annuale di UNIC–Concerie Italiane, la più importante associazione mondiale del settore conciario (aderente a Confindustria e Confindustria Moda) che rappresenta circa 1.200 aziende che fatturano insieme circa 5 miliardi di euro l’anno, con una forza lavoro composta da 17.500 addetti, e che indirizza il 75% della sua produzione annua all’export.

La necessità della prudenza
“L’emergenza sanitaria, ancora in corso, induce alla massima prudenza”, ha esordito Fabrizio Nuti, titolare del gruppo conciario toscano Nuti Ivo e presidente UNIC arrivato ormai ad un anno esatto di mandato, dopo essere subentrato al Cavaliere del Lavoro Giovanni Russo, Presidente della conceria Russo di Casandrino. Una prudenza che analizzando la progressione dei dati di settore Nuti ritiene necessaria.
“Ci lasciavamo a fine 2019 con qualche indicatore in flessione: fatturato -6%, produzione -9%, export -8%. Tra febbraio-marzo 2020, violenta e del tutto inattesa, ci colpiva la pandemia” e, alla fine dello scorso anno “registravamo cali consistenti in termini di fatturato (-23%), produzione (-16%) ed export (-25%)”. Poi, è arrivato il 2021, che si sta concludendo e “si è caratterizzato per difficoltà di approvvigionamento e l’aumento, anche a doppia cifra, dei costi di pelli e prodotti chimici, e dei costi energetici, che stanno spingendo l’inflazione”, ha riassunto il presidente di UNIC.
Un contesto congiunturale particolarmente complesso, nel quale “è essenziale non registrare perdite di marginalità a fine anno” e che esprime un “fatturato al +23%, export +25%, produzione +13%, con rialzi diffusi (e spesso a doppia cifra) in tutti i principali comprensori e su quasi tutti i segmenti produttivi per tipologia animale e destinazione d’uso”, ha continuato Nuti, ricordando “l’importante recupero delle pelli per arredo nell’ultimo biennio, dopo oltre un decennio di continui ridimensionamenti”. Alla fine, i valori restano sotto i livelli di produzione e fatturato pre-pandemici tra il 5 e il 20%, “ma speriamo che il 2022 ci possa riportare a una piena normalità”, si è augurato il presidente.
Promuovere l’eccellenza della pelle italiana
“È importante far sapere a tutti che ciò che è stato fatto in Italia in termini di investimenti alla ricerca di una sostenibilità completamente circolare non è stato fatto in nessuna altra parte del mondo”, afferma perentorio Fabrizio Nuti. Però, “la presenza di realtà all’estero meno attente ai problemi sociali, di sicurezza e ambientali, finisce col danneggiare l’immagine dell’intero comparto”. Serve, allora, il rafforzamento del “lavoro culturale, educativo, sociale” che UNIC porta avanti da anni “intensificando l’attività di comunicazione verso gli stakeholder determinanti”.
Infatti, “la richiesta di nuove e sempre più valide pretese di sostenibilità da parte della moda o del design finisce per alimentare un marketing spregiudicato e gonfiare una spropositata attenzione mediatica”, ha accusato Fabrizio Nuti. Il riferimento è a tutti i materiali “innovativi, bio-based o come meglio preferiscono raccontarsi” che continuano ad affacciarsi sul mercato ponendosi “in aperta concorrenza con la pelle. C’è certamente spazio nel consumo per scelte diversificate e l’industria conciaria non ha alcun tipo di problema a mettersi in competizione. Ma è innegabile che questi competitor conquistino spazi maggiori sui media, fondando la loro strategia sulla denigrazione costante della concia, della pelle e sull’assunto di una presunta superiorità in termini di sostenibilità e prestazioni: superiorità che ad oggi non è stata mai suffragata dai fatti”.

Anzi, ha ricordato il presidente di UNIC, una ricerca “dell’Istituto tedesco FILK ha messo sotto la lente del microscopio 8 di questi nuovi prodotti, documentando come le loro performance tecniche abbiano poco o niente in comune con quelle del nostro materiale”. Non solo: “Lo stesso studio ha rivelato che la tanto rivendicata sostenibilità di questi materiali è gravemente compromessa dalla necessità di usare massicce dosi di componenti sintetici. Ne deriva, dunque, che solo la pelle è meglio della pelle”, ha sostenuto.
Il valore del modello distrettuale
La matrice vincente della conceria italiana, da difendere e valorizzare, è secondo Nuti quella dei distretti: “La nostra realtà produttiva basa da sempre il suo valore su un sistema territoriale che la alimenta e ne viene a sua volta alimentato. Non possiamo non riconoscere che lo sviluppo e il successo delle nostre piccole e medie imprese lo dobbiamo ai distretti e al loro sistematizzare un modello che rimane unico al mondo, quello della concia italiana. Sono stati un luogo strategico per lo sviluppo delle politiche ambientali: abbiamo innovato prodotti e processi, risparmi di energia, di materie prime, riduzione di scarti e rifiuti e loro riciclo”, ha detto.
Occorre, dunque, “valorizzare ciò che esiste e mettere insieme le competenze di ciascuno, promuovere il miglioramento e il dialogo con le istituzioni verso scelte che vadano verso la transizione ecologica, proponendo e stimolando percorsi collettivi di formazione e informazione, forti della consapevolezza che il sistema dell’industria conciaria italiana è un unicum”, ha concluso il presidente di UNIC.
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